Il pensiero debole

imageAltri due mesi di stand-by ed ecco che la realtà irrompe a disturbare pensieri e a far riflettere sul senso del nostro oggi. Viviamo sicuramente dentro a una distopia, schiavi della nostra limitatezza e indifferenza, nell’attesa perenne di un qualcosa che ci svegli. Ma se non ci sveglia quanto accade, ora anche nelle nostre strade trasformate in edizioni ridotte ma comunque sanguinose della Beirut degli anni ’80, o delle attuali Baghdad o Damasco, cosa potrà mai svegliarci?

E’ vero. Ci accorgiamo della guerra solo quando questa lambisce il nostro mondo ricco e inconsapevole, ma già questa frase non è corretta. È di maniera. Sottende un complesso di colpa in cui almeno io non mi riconosco e che invece qualcuno vuole imporre, questo sì, come facile antidoto all’impotenza. Non posso farci nulla? No, posso prendermene la colpa e poi tornare alle mie attività quotidiane. Quasi come niente fosse.

Attenzione. Non sto dicendo che chi denuncia le cause, tutte economiche e sociali di un conflitto che si traveste da guerra di religione, sia in malafede. Tutt’altro. Sulle origini del male siamo praticamente d’accordo. È sulle responsabilità del medesimo male che divergiamo. Cerco di spiegarmi.

Giorni addietro si discuteva su FaceBook del dopo Nizza e del dopo Rouen. Per qualcuno anche definizioni di questo tipo sono ingannevoli: la guerra è guerra, orrida e mai giustificata né giustificabile. Muoiono alcune decine di europei (e non solo) tranciati da un Tir condotto da un fanatico? Muore un sacerdote sgozzato da altri fanatici? Che vuoi che sia, in Iraq e Siria ne ammazzano – ne ammazziamo – a milioni. Ci sta quasi bene, no? Una cosa vale l’altra. Noi ammazziamo loro, loro ammazzano noi. Tanto semini, tanto raccogli.

Un ragionamento crudo, ma tutto sommato non privo di una sua spiegazione, se si smette per un attimo di ragionare in termini eurocentrici. Più difficile appare giustificare questi “giustificatori” – ché i fanatici fanno il loro mestiere senza arretrare di un passo – quando si va alle motivazioni di chi colpisce nel mucchio.

Gia’ perché qui stiamo accettando il fatto che anziché individuare i modi in cui anzitutto difendersi dal terrorismo islamista – ma sarebbe lo stesso se si trattasse della non tanto diversa quanto a dissennatezza apocalisse zombie – noi si debba accettare la stessa idea che la barbarie, anziché ridursi laddove viene quotidianamente praticata – le autobombe in Medio Oriente, i fanatici suicidi, gli sgozzatori da spiaggia – venga omologata come conseguenza necessaria anche da noi. Così che alla fine si arriva al battimento del petto, al peana liberal finalizzato a prendersi la responsabilità, in quanto Occidente capitalista e sfruttatore, di tutti i mali del mondo. Poi tanto torneremo alle nostre occupazioni da borghesi benestanti, sicuri di non essere mai coinvolti dall’orrore. Finché con la famigliola al completo non ci troveremo al momento sbagliato in un mall di Sharm-el-Sheik, oppure semplicemente sulla Promenade des Anglaises.

Iperboli, ma nemmeno tanto, a parte, l’evidente rischio è abituarsi a tutto, accettare logiche del taglione da mondo antico, e applicare la riduzione ideologica della disperazione cieca che giustifica il massacro di 84 innocenti, oppure anche solo di un anziano inerme, oggi il prete di Rouen, ieri lo scomodo ebreo Klinghoffer che scopre la viltà del suo sequestratore sull’Achille Lauro e ne diventa ovviamente la vittima.

Attenzione ai termini: carnefici, viltà. Gli stessi che oggi parlano di “combattenti” per definire dei volgari tagliagole o codardi che mettono bombe nei mercati o psicopatici che si fanno esplodere su un bus pieno di gente innocente un tempo facevano netti distinguo tra chi metteva le bombe nei treni e nelle banche e chi azzoppava dirigenti d’azienda o massacrava scorte di politici di spicco.

Adesso anche questa frontiera è caduta: dipende dalle vittime e dai loro redditi o provenienze etniche. Un fanatico che sgozza un vecchio prete o un esaltato che alla guida di un Tir schiacci 84 persone può essere paragonato a un partigiano che se ne andò in montagna a combattere i nazisti.

Perche’ ciò che interessa è far passare un messaggio: gli USA o Israele oggi, responsabili (non unici, andrebbe ricordato) della Terza Guerra Mondiale che si è innescata in Medio Oriente, equivalgono ai nazisti di ieri. E dunque ogni mezzo e’ valido per combattere e soprattutto denigrare l’Antico Nemico Ideologico, compreso il terrorismo, compreso sdoganare modalità che fino a qualche tempo fa si bollavano come “strategia della tensione” o “fasciste” tout court.

Potenza dei media, dei social, dell’auto illusione di superiorità etica del radical chic, il cerchio e’ dunque completo, e si incornicia con quel caro vecchio tono da maestro di scuola che ti impartisce il fervorino: ma come l’etica del combattimento? Posa il libro fantasy che stai leggendo, la guerra e’ la guerra.

So’ tutti uguali avrebbe detto dunque Alberto Sordi?

E no che non sono tutti uguali. Chi massacrava i cittadini inermi di Marzabotto era un criminale. Chi e’ andato in montagna a combattere questi criminali e’stato un eroe. Come eroe e’ stato Guido Rossa trucidato dalle BR che aveva denunciato, eroi gli ebrei polacchi del Ghetto di Varsavia. Eroici i pochi campesinos che seguirono Guevara in Bolivia. Eroici Falcone e Borsellino vittime della mafia stragista. Esiste, ed esisterà sempre, la dimensione eroica della lotta di liberazione, faccia a faccia, col coraggio delle proprie idee.

Eroico, o anche solo comprensibile il pazzo di Nizza? Eroici, o anche solo teoricamente passibili di empatia o lontana giustificazione gli sgozzatori di Rouen? Ci vuole una totale incoscienza, o peggio, un palmo di pelo sullo stomaco solo a immaginare un sentimento o una riflessione che non sia il ribrezzo più assoluto per una viltà senza fine. Vile oggi chi impugna la mannaia del macellaio per poi nascondersi nell’ombra della normalità, esattamente come fu vile allora chi nascose una bomba in una stazione per poi magari andare al bar a giocare la schedina del Totocalcio.

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Fantascienza, ucronia e altre stranezze di un dilettante
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