Tutti indossiamo una Seconda Pelle

Eccomi, dunque, dopo un timido riaffacciarmi, lo scorso anno in piena pandemia con l’ucronia calcistica Il mancino di Dio, a pubblicare un romanzo per me tipico e insieme atipico. Tipico, perché si tratta, di nuovo, di una storia alternativa, con aspetti fantascientifici che la accostano all’ormai antico Dalle mie ceneri e con una discendenza diretta da quella che adesso può considerarsi una trilogia, insieme con l’opera prima, Nero italiano e con il suo seguito diretto, Dea del Caos; atipico, perché Seconda Pelle, pur presentando una protagonista e alcuni personaggi che vengono direttamente dal quella linea temporale, l’Italia defascistizzata a partire dal 1975 e al costo di una spaccatura di tipo coreano o tedesco e quindi di una difficile riunificazione, è un romanzo per molti versi a sé.

Anzitutto Seconda Pelle è un romanzo che viene quasi vent’anni dopo Nero italiano; risente dunque non solo di quella che considero un’evoluzione stilistica, ma anche umana. Tante cose sono successe dal 2003, e non solo nel Grande Mondo. Anche il Piccolo Mondo dell’autore, del sottoscritto, è mutato, a sua volta drammaticamente e traumaticamente. Seconda Pelle risente dunque di strappi e ricomposizioni che me lo rendono anzitutto molto caro, a prescindere da come andrà. Se Nero iniziava tipo “era una notte buia e tempestosa”, questa nuova creatura parte con la protagonista spiaggiata sul divano di casa, a mo’ del relitto che si sente di essere, con l’unica compagnia dell’alcol e la mania della pulizia, del netto, del Bianco, come lei appunto si chiama, Bianca.

E Seconda Pelle si presenta quindi subito come una storia in cui l’azione è funzionale alla rivelazione interna di Bianca: una donna che (ri)scopriremo abusata, e pronta a subire di nuovo. Cosciente di quanto le è accaduto in passato, ma disperatamente determinata a rimuoverlo, ad andare semplicemente avanti per una strada già definita, quella dell’ereditiera che non è riuscita a mantenere una posizione, che ha cercato di respingere il ruolo prestigioso offertole dalla società e ne ha pagato il prezzo. Come tuttavia si scoprirà, non per intero.

Tanto più che la nuova società non è affatto amica delle persone come Bianca e delle donne in generale: il governo del Timone, una sorta di diarchia autoritaria e repressiva che si è istituita in questa Italia alternativa eppure così simile alla nostra, non ama la stampa libera e le donne libere; grava su ogni cosa una cappa palpabile in cui la Sanità è diventata la longa manus di un’ideologia basata sul controllo totale. Non si divorzia, non si abortisce, si scrive solo ciò che il governo approva, grazie anche all’introduzione massiccia di intelligenze artificiali a dirigere quotidiani, a coordinare traffico e urbanistica, a concorrere alla soddisfazione dei cittadini con spettacoli degni dei Circenses romani.

Quando le strade non sono attraversate da battaglioni di miliziani armati e pronti a reprimere dissidenti e migranti clandestini, le piazze principali si riempiono di avatar e altre attrazioni che gli adulti adorano e i bambini guardano a bocca aperta. Mentre il cielo si riempie di droni, una flotta sempre più massiccia e articolata, che si riproduce secondo i ritmi voluti dal governo. Controllo totale, che Bianca sfida dapprima scagliando bicchieri e cicche dalla sua finestra panoramica sul porto di Genova, e poi esponendosi direttamente, a dispetto del suo passato, a un’inaudita repressione personale.

Controllo totale che invece Gianluca, l’altro protagonista, vicino di casa di Bianca e a sua volta giornalista, amante dei gatti ma soprattutto della propria tranquillità, asseconda e quando può ignora, vivacchiando ai margini del mondo della stampa e prendendosi cura ogni tanto del padre, unico sopravvissuto dei suoi genitori. A sua volta, Gianluca è curato e vittitato da Arianna, una delle tante donne che si sono avvicendate al suo fianco. Finché, proprio a causa di una delle esternazioni alcoliche di Bianca, lui non fa la conoscenza di questa donna strana e magnetica, e subito pensa di potersi servire della sua storia per ridare vita a una carriera asfittica.

Di qui comincerà il secondo calvario di Bianca, un percorso di ambizione e dolore che la porterà prima a conoscere la sua nuova nemesi e poi al confine dell’umanità per come la conosciamo, liberando il suo djinn, o demone malefico, o forse soltanto la parte più oscura della propria personalità. Un Lato Oscuro per molti versi cruciale, decisivo. Quel Nero che, dopo vent’anni, mi sento di dire sia l’autentico significato del mio titolo d’esordio.

Un romanzo ambizioso, dunque, di sicuro per un autore come sono io, che ostinatamente non si affanna a definirsi “scrittore” nelle bio sui social. Non solo per snobismo, gusto di contraddizione o polemica, ma anche per una considerazione obiettiva. Non vivo delle mie storie, almeno materialmente; ne vivo di sicuro psicologicamente e le uso per fare chiarezza su me stesso. Fin qui, nessuna meraviglia, l’autobiografismo è proprio di tanti scrittori/autori. Nel mio caso, chi mi conosce bene capirà che tracce di me non si trovano solo nell’imbelle Gianluca, ma anche nell’intrepida e disturbata Bianca, e negli altri personaggi che li circondano, in una sintesi che fatica a farsi largo.

Una voce, insomma, che si frammenta e si fa coro, prevalentemente dissonante, forse per la mancanza di riferimenti forti nella realtà, dopo l’atroce destino che cinque anni fa mi portò via mia moglie Paola e mi lasciò, come avrebbe pensato Gianluca, solo in un mondo ostile in cui cercare continui appoggi, oppure, come avrebbe gridato Bianca, solo contro tutti, armato di un bicchiere di cristallo da tirare in faccia a chi riconosco nemico, umano e anche no. Solitudo mea fortitudo, insomma.

Un bilancio di vita, sotto certi aspetti, ma anche un rilancio. Nell’attesa che la vita ci/mi sorprenda con altre storie che, e questa è l’unica certezza, aspettano ancora di essere raccontate.

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Fantascienza, ucronia e altre stranezze di un dilettante
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