L’uomo della Provvidenza

Come ormai mi è consuetudine, intervengo su questo mio blog a distanza di lungo tempo. Forse troppo, ma la mia convinzione nella forza delle parole, specie quelle su piattaforma virtuale, diminuisce sempre più, per ridursi a una forma di ripiegamento egotista.

Questa è comunque un’altra storia. Quella che volevo riassumere qui è ben altra vicenda, e attiene agli ultimi due anni della nostra vita, passati sotto l’ombra di un’emergenza sanitaria che tutto ha assorbito e permeato di sé.

Ha estremizzato le nostre insicurezze, ci ha prima chiusi in casa per mesi, ci ha isolato, e di conseguenza ci ha reso più vulnerabili. Alle false verità, anzitutto, quelle propalate dalla rete, nell’illusione che i crudi dati della scienza fossero relativizzabili e riconducibili a qualche complotto, ché troppo pesante sarebbe stato accettare semplicemente la realtà dei fatti, e cioè la globalità e la gravità della pandemia, comportarci responsabilmente, essere solidali tra noi. Essere, in una parola, comunità prima che Stato.

Ciò che invece siamo diventati, ciò che stiamo diventando, è una massa di individui monadizzata, atomizzata, ridotta alle necessità individuali e dello stretto nucleo familiare, quando va bene. Preda ideale per l’eterno italico mito, quello dell’Uomo della Provvidenza.

L’uomo che, prestato alle istituzioni, figura che si vuole dipingere come bonaria e degna degli applausi di petroliniana memoria, operi, emergente nell’emergenza e come tale si sovrapponga a Parlamento e opinione pubblica, dettando l’agenda del primo e facendo la paternale alla seconda, valendosi per questo di tutti i mezzi di comunicazione e di un inedito quanto entusiastico loro acritico appoggio.

Ecco come la comunità, che nel nostro Paese è sempre stata assai debole, è diventata definitivamente solo Stato, con cittadini-sudditi sempre più soli e ignoranti, privati della capacità di decidere.

Non se vaccinarsi o no, ché farlo attiene al buon senso e alla tutela della salute e non certo a dialettiche tra polli di Renzo. Ma di decidere se e quanto possa continuare il commissariamento delle nostre istituzioni, nelle mani di un protagonista che si dice egli stesso “prestato” a esse. Per tacere dell’appellativo da lui stesso, ancora una volta, scelto di “nonno”, che vorrebbe rassicurare e invece appiattisce: i nonni, si sa, sono saggi, e in genere hanno sempre ragione.

Difficile dire dove porterà questa deriva. Se sia preferibile un semipresidenzialismo di fatto, eventualmente da far legittimare dalle Camere, ma anche no; oppure se, a colpi di legislazione eccezionale, la democrazia italiana sia ormai un foglio di carta velina a rischio di strappo anche con il semplice soffio di una piazza populista e/o massimalista.

Troppo debole ed egoista è infatti l’Europa di oggi, piegata e piagata dalla pandemia, incapace di prendere posizione di fronte a una Turchia, a una Polonia o a un’Ungheria; figuriamoci se capace di comprendere come l’inedita tecnocrazia paternalistica italiana sia ugualmente rischiosa. Se mai guarda a essa con favore, considerando il nostro Paese un laboratorio politico e sociale, il cui scienziato capo gode di altissima stima.

Un semipresidenzialismo o un presidenzialismo pieno ricalcato sui tratti dell’attuale premier è già allarmante, figurarsi dovesse toccare a figure bocciate dalla storia e, ricordiamolo, soprattutto dalla giustizia. D’altra parte, lasciare campo libero alle destre – e non solo – populiste rappresenta un rischio forse ancora più grave di gestire l’emergenza più pesante dalla Seconda Guerra Mondiale come una favoletta da social, con un potenziale impatto catastrofico su salute e società.

Tra poco le Camere in seduta plenaria eleggeranno il nuovo Capo dello Stato. Ciò che modestissimamente auspico, per quegli anni che mi saranno ancora concessi, è di vedere al Colle una figura al di sopra di ogni discussione, capace di rispettare le istituzioni come i Padri della nostra Repubblica le hanno pensate, senza stravolgerle, senza favorire avventure che, in un momento come questo, potrebbero condurre solo al caos.

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Fantascienza, ucronia e altre stranezze di un dilettante
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